Tour in provincia di Trapani tra mare cristallino, storia e buon vino




Ho cercato, trovato, scritto, programmato, cancellato e riscritto questo tour al sapore di sale (e tonno) nella provincia di Trapani, una delle zone più belle della Sicilia occidentale, almeno 20 volte: alcune delle spiagge più belle d’Italia si trovano da queste parti e desidero troppo toccare con mano la sabbia, nuotare in quel mare così limpido e fare degustazioni enogastronomiche speciali. E così, tra una pausa e l’altra al lavoro, con tanto di sfottò dei colleghi che mi dicevano che non ci sarei mai riuscito, e la sera davanti al pc, ho programmato tutto nei minimi dettagli e sono riuscito a persuadere non solo mia moglie, come sempre poco convinta della mia “impresa”, ma mi sono portato appresso altre due coppie di grandi amici, anche loro con figli. Insomma, in tutto siamo in 11, una bella comitiva! Sei giorni in Sicilia, mare da urlo, cultura e TONNI DA PAURA!!!

GIORNO 1

Castellammare del Golfo, nuotare nel golfo più blu di Sicilia

 

Ma quant’è bella la Sicilia, vi assicuro che non potete spendere le vostre vacanze estive in maniera migliore!Dopo più di due ore di strada leggiamo finalmente l’uscita “Castellammare del Golfo” dall’autostrada e in meno di venti minuti arriviamo a destinazione. Castellammare del Golfo è una città di circa 16.000 abitanti appartenente alla provincia di Trapani. La sua attività si basa principalmente sul turismo (soprattutto durante i mesi estivi) e sulla pesca e sulla viticoltura. Le origini della cittadina sono molto antiche: si fa risalire la sua fondazione al periodo arabo, anche se vi sono testimonianze della sua esistenza a partire dal V secolo a.C. negli scritti di Erodoto, Tucidide e Diodoro Siculo. Si sono susseguite differenti dominazioni sulla città: a parte gli arabi, normanni, svevi, angioini, aragonesi e altri popoli, fino a quando la città non fu annessa al regno delle due Sicilie e, successivamente, al Regno d’Italia.
Castellammare del Golfo è stata anche protagonista del fenomeno del brigantaggioe, più recentemente, della mafia. La città diede i natali a molti personaggi di spicco come : Vito Bonventre, Stefano Magaddino, Salvatore Maranzano, John Tartamella e Joseph Bonanno e fu, assieme ad Alcamo, il centro della dominazione mafiosa dell’isola fino a quando il clan dei corleonesi, guidato da Totò Riina, non assunse il dominio.
Il mio precisissimo programma prevede una prima sosta in albergo per posare i bagagli, quindi raggiungiamo l’albergo. Scendiamo dalle auto e la prima sensazione è il forte odore del mare che arriva fin qui. Un sogno, ancora non riesco a credere che dopo un anno di lavoro sono in vacanza…

La colazione “salata” di Castellammare del Golfo a cui non puoi rinunciare

Bagagli sistemati, chiavi delle camere consegnate in reception, facciamo una sorta di colazione - degustazione di metà mattinata, come mi è solito fare quando viaggio in Sicilia. E che vi devo dire, ogni occasione è buona per assaggiare le specialità del luogo. Del resto, se in ogni posto che vai non ti mescoli con la cultura autoctona che ci vai a fare…E allora sotto con il meglio che il mare trapanese può offrirci: bottarga di tonno, filetti di tonno, filetti di acciughe, filetti di sgombro, salame di tonno, la colazione dei campioni!

Un viaggio nel passato di Castellammare del Golfo all’interno del Castello

 Prima di visitare il castello, monumento per eccellenza di Castellammare del Golfo, ci godiamo lo spettacolo che offre il porto di Castellammare in pieno giorno: barche ordinate in tante file tutte uguali (o quasi), turisti, bambini, pescatori. L’atmosfera che si respira è fantastica, un mix di vitalità e sicilianità incredibile. Raggiungiamo l’ingresso del castello. Le prime tracce riguardanti la costruzione del castello Arabo-Normanno di Castellammare del Golfo risalgono al X secolo, durante la dominazione araba dell’isola. Il Castello fu ubicato strategicamente di fronte al mare, per potersi accorgere tempestivamente di eventuali attacchi. Dopo Arabi, Normanni e Svevi, il Castello fu espugnato nel 1314 dagli Angioini e due anni dopo dagli Aragonesi.
Grande punto a favore: l’ingresso al Castello è gratuito. All’interno ci sono due musei, uno al piano terra e uno al primo piano. Visitiamo prima il museo “Annalisa Buccellato” (piano terra) organizzato in tante piccole aree espositive che conservano al proprio interno oggetti risalenti agli antichi mestieri e ai prodotti della terra. Le aree sono: frumento, terra, vite, casa, trame, latte e mestieri. È un’esperienza interessante, soprattutto per fare avvicinare i bambini al nostro passato. E devo dire che sono entusiasti di quello che hanno appena visto.
Terminata la visita al primo piccolo museo, ci spostiamo a visitare il Museo dell’Acqua e dei Mulini. Anche qui per i bambini è tutto uno splendore: si ha modo di vedere da vicino filmati e altri contributi su tutto ciò che è in tema con il nome del Museo. Visitiamo poi il Museo Archeologico, sempre all’interno del Castello. Qui troviamo i reperti archeologici dell’Emporio Segestano e già penso alla bella visita che faremo a Segesta nel pomeriggio…
La nostra visita al Castello si conclude con il Museo delle Attività Marinare in cui si possono ammirare gli strumenti utilizzati per la pesca dei tonni e la storia della tonnara di Scopello.

Sicilia inedita: la chiesa “ammucciata” di Castellammare del Golfo

E un’altra piccola perla nascosta nel cuore di Castellammare del Golfo che vi consiglio di visitare è la piccola chiesa della Madonna del Rosario, meglio conosciuta come la Chiesa della “Madonna di l’agnuni”. Un nome molto curioso che sta a significare “nascosto”, “riparato”, “messo in disparte”. Si dice infatti che questa chiesetta fu costruita di proposito in un punto nascosto della città durante l’epoca normanna per proteggere i fedeli dagli attacchi dei pirati arabi. Il piccolo tesoro che possiede la chiesa è un bassorilievo del Gagini raffigurante la Madonna col Bambino, però a me piace un sacco scoprire questi angoli di Sicilia così poco “turistici”.

Cosa mangiare a Castellammare del Golfo? Ovvio, pesce a più non posso!

Ecco, giusto parlare di tonni mi mette una fame tremenda per cui, terminata la visita e usciti dal Castello, ci precipitiamo subito subito alla ricerca di un ristorante! Trovare il buon pesce fresco a Castellammare del Golfo è facilissimo: la maggior parte dei ristoranti propone menu turistici con i piatti del giorno. Non manca nulla: dai frutti di mare al pesce azzurro, dai merluzzi al pesce spada. E ogni ricetta è come il vino: più invecchia e più diventa buona!
E dopoo questa bella e assurda scorpacciata, andiamo a prendere le auto e ci rimettiamo in viaggio. Segesta arriviamoooooo!

Segesta, la storia della Sicilia all’interno del sito archeologico più grande della provincia di Trapani

 

 

Turisti e amanti della storia, ecco a voi uno dei parchi archeologici meglio conservati di Sicilia, un’antica città che non esiste più (l’attuale Calatafimi Segesta sorge a circa 4 km dall’antica Segesta), ma che è una tappa imprescindibile per chi progetta un tour, un itinerario, una vacanza nell’isola. Camminerete, eccome se camminerete!
Segesta fu fondata dagli Elimi (popolo della Sicilia occidentale) ed era situata sul Monte Barbaro, a nord della provincia di Trapani. Acerrima nemica di Selinunte, furono combattute numerose guerre per stabilire i confini fra le due città, fino a quando, nel 409 a.C. Selinunte fu distrutta dai cartaginesi. Segesta, invece, vide la propria fine molto più tardi, ovvero nel V secolo d.C., quando fu distrutta dai Vandali. Nonostante la distruzione, rimase un piccolo insediamento di persone e la città, dopo la cacciata degli Arabi, fu ripresa in mano dai Normanni, i quali vi costruirono un castello che costituì il centro del borgo medievale che sorse poco tempo dopo.
In pratica la visita a Segesta si divide in due parti: la visita al Tempio e la visita all’anfiteatro e agli ai resti dell’agorà. Vi consiglio di andare a vedere prima la zona dell’anfiteatro e di concludere con il tempio. Paghiamo i biglietti e attendiamo l’arrivo della navetta privata per raggiungere l’acropoli Nord dove si trovano l’anfiteatro, l’agorà e altri monumenti. Il forte sole siciliano del primo pomeriggio non aiuta molto, ma l’entusiasmo di vedere con i nostri occhi ci fa dimenticare i sudori. Ah, dimenticavo: il parco è immerso nella natura: è una zona rocciosa e collinare, un gioiellino nell’entroterra trapanese.
Arrivati a destinazione, scendiamo dalla navetta per andare ad ammirare l’anfiteatro, un’opera immensa scavata nella roccia della montagna che poteva contenere fino a 4000 spettatori! Osservando il panorama si riesce a vedere fino a Castellammare del Golfo, che meraviglia! Poi scendiamo le gradinate, fino ad arrivare al corpo centrale del teatro e i bambini si divertono come pazzi a correre su e giù tra i gradini.
Adesso ci spostiamo verso l’acropoli sud per visitare la chiesetta di Monte BarbaroBo meglio, quello che resta della costruzione, il Castello Medievale e anche in questo caso rimane ben poco dell’antico edificio: solo il piano terra, mentre la guida ci riferisce che si trattava probabilmente di un castello a più piani.
Visto anche il castello, l’area fortificata medievale e la cinta muraria superiore, è la volta della moschea, sempre posizionata sull’antico agorà. Anche in questo caso, purtroppo, rimane poco dell’edificio originale, per cui lasciamo l’acropoli sud per dirigerci al Tempio. Facciamo il percorso a piedi perché vogliamo gustarci a fondo questo posto così magico: dei resti di Segesta mi affascina soprattutto lo scontro-incontro tra le culture greca, araba e normanna e mi viene da pensare: “ma se questi non avessero cercato di distruggersi a vicenda, quest’area sarebbe un colpo agli occhi. Un anfiteatro greco, una moschea e un castello normanno!” Ma si sa, la religione spesso divide invece che unire…
Vabè adesso basta, ho fatto troppo il filosofo. Tutto ciò mentre mia moglie sclera con i bambini che si sono già stancati e vogliono andare via. Pazienza picciotti, manca ancora il pezzo forte… ed eccolo che arriva in tutto il suo splendore e la sua imponenza.
Signore e signori, ecco a voi il magnifico Tempio di Segesta, Per carità, non è grande come quelli di Agrigento, ma nel complesso lo spettacolo è straordinario. Tu cammini cammini e a un certo punto lo vedi spuntare a poco a poco dalla vallata, è di una bellezza UNICA! Ci avviciniamo ed entriamo nel Tempio per ammirarlo anche dall’interno. Anche in questo caso, non ci siamo lasciati vincere dal caldo e ne è valsa la pena. Lo consiglio a tutti!
Visitato anche l’ultimo pezzo di questa splendida area, usciamo per andare a prendere l’auto. Delle persone del luogo ci indicano un’ultima cosa da vedere, i resti di un grande santuario sotto Monte Barbaro (contrada Mango).

 

 

GIORNO 2

La Riserva dello Zingaro, il paradiso esiste e si trova in Sicilia!

 

 

Riusciamo ad arrivare alla riserva dello Zingaro, una delle aree naturalistiche di maggiore interesse di tutta la provincia di Trapani e della Sicilia in generale, non particolarmente tardi (ingresso sud). Paghiamo i biglietti e iniziamo a scendere lungo il sentiero tracciato.
Ci sono tantissime cale una più bella dell’altra, ma il percorso è duro da fare e con qualche punto critico, quindi decidiamo di non rischiare soprattutto per i bambini e ci fermiamo a Cala Capreria.
Che dirvi, non bastano le parole per descrivere luoghi del genere, bisogna viverli. Uno dei mari più belli e limpidi che abbiamo mai visto, un paradiso terrestre pieno di vegetazione, piccoli pesci, scogli. Mamma mia, non me ne andrei più da qui!!!
Passiamo l’intera mattinata tra sole, bagni e tuffi, non sto qui a descrivervi la gioia dei bambini che si divertono come matti a giocare con la sabbia e con l’acqua. Pranziamo in spiaggia con dei panini presi a Castellammare; adoro la Siciliaaaaaa!!! Pranzo terminato, breve pausa per riprendere le forze e risalire fino alle auto. Raccogliamo quelle poche cose che avevamo portato con noi e vi sottolineo POCHE: vista la strada da fare, portatevi dietro solo lo stretto necessario. Evitate infradito e ciabatte varie e optate per delle scarpette da ginnastica o per le scarpe adatte al mare. E di nuovo on the road!

Scopello, nel rifugio delle sirene

Eccoci a Scopello, altra tappa portante del nostro itinerario nella provincia di Trapani, a pochi chilometri dalla Riserva Naturale dello Zingaro e da Castellammare del Golfo. Dall’alto vedo già l’antica tonnara di Scopello!
Parcheggiamo in uno dei spazi a pagamento sulla collina che sovrasta la tonnara e iniziamo a scendere. Da qui al corpo della tonnara saranno circa 200 metri. Prendiamo qualche sdraio messa a disposizione dai gestori della tonnara (è a gestione privata). C’è molta confusione, poco spazio e ogni tanto si ha la sensazione di stare appiccicati gli uni con gli altri. Questo è l’unico punto negativo della tonnara perché per il resto… beh, lo scorcio che offre è SUPERLATIVO, CHI BIDDRIZZI CA CI Sù IN SICILIA!!!
Nuotare in queste acque cristalline è una cosa così bella che quasi commuove, non ci sono abituato! E quei faraglioni… spuntano imponenti dal mare, sono i padroni della scena. La sensazione che nel complesso dà questo borgo marinaro è quella di un luogo in cui il tempo si è fermato agli inizi del  Novecento, quando ancora la Sicilia era piena di piccoli paesini, bagli, borghi di mare abitati solo da pescatori nei quali l’unica attività era la pesca. Spegnete i cellulari e godetevi lo spettacolo, qui l’unica protagonista è la natura. Passiamo l’intero pomeriggio nel borgo della tonnara. È un vero peccato che l’interno dell’antico edificio non sia visitabile e così ci “accontentiamo” di sguazzare nell’acqua semplicemente MAGNIFICA. E per rendere ancora più affascinante questo posto (ammesso che ve ne sia bisogno) vi racconto una leggenda sentita da un anziano pescatore: da queste parti si narra che, nelle notti d’inverno e di burrasca, siano solite arrivare a ripararsi tra i due faraglioni di Scopello gruppi di sirene. Alcuni pescatori giurano su ciò che hanno di più caro al mondo di averle viste con i loro occhi. Mi sa che verso Natale torno a Scopello, non si sa mai.

L’unico, originale, inimitabile pane cunzato siciliano è quello di Scopello!

 La Sicilia non va solo visitata: la Sicilia va vissuta e mangiata come solo i siciliani sanno fare! Per questo motivo, al ritorno dalla tonnara di Scopello, approfittiamo di una scusa per visitare il paesello (piccolissimo, in inverno si contano circa 20 abitanti, antico e molto carino) e andiamo ad assaggiare il pane cunzato preparato secondo l’antica tradizione, rigorosamente cotto nel forno a legna e condito caldo caldo con olio, pomodori 100% biologici, sale, origano, formaggio primo sale e acciughe, rimesso per qualche altro minuto in forno, uscito e mangiato a morsi di balena. Mamma mia picciotti, la Sicilia in bocca!

Ultima sera a Castellammare del Golfo: dopo tanto pesce, finalmente stasera mangiamo la pizza!

Rientriamo nel tardo pomeriggio in albergo; ne approfittiamo per riposarci, fare la doccia, indossare vestiti freschi, infradito e uscire per cena per goderci quest’ultima sera a Castellammare del Golfo. Stasera pizza! E la Sicilia, quanto a pizze, non scherza mica… Avete mai assaggiato lo sfincione? È una ricetta tipicamente palermitana ma che, con qualche variante, riuscite a trovare in tutta l’isola.
Finita la cena, facciamo una lunga e rilassante passeggiata sul lungomare. Ci dispiace un po’ lasciare Castellammare, ma il nostro itinerario è ancora lungo e ci mancano ancora un sacco di tappe. Rientriamo in albergo e prepariamo i bagagli allora, domani si riparte.

GIORNO 3

San Vito lo Capo, i Caraibi siciliani

 Altro luogo incantato, altro paesino siciliano tutto sole, mare e tonno: la nostra vacanza in provincia di Trapani continua a San Vito lo Capo.
San Vito lo Capo è un comune della provincia di Trapani che conta circa 4200 abitanti. E rappresenta la punta occidentale del golfo di Castellammare. Il paese nacque nel Settecento, anche se nei dintorni si trovano tracce risalenti alle ere paleolitica, mesolitica e neolitica.
Lasciata Castellammare del Golfo, facciamo circa 50 minuti di auto per arrivare a San Vito: in questo tratto non c’è autostrada. Arrivati a destinazione, scarichiamo le macchine al b&b, registrazione, sistemazione veloce dei bagagli, indossiamo i costumi e via, fa così caldo che dobbiamo buttarci il prima possibile a mare. E infatti, arrivati sul lungomare, non abbiamo dubbi: dritti dritti sulla spiaggia di San Vito, ci sposteremo nelle altre spiagge che ci hanno consigliato nel pomeriggio e domani. Avete presente quelle spiagge che si vedono in tv nei servizi sui Caraibi, Maldive… in quei luoghi paradisiaci fatti di sabbia bianca e acqua cristallina? La spiaggia di San Vito è proprio così, abbiamo i Caraibi a portata di mano e non ce ne rendiamo conto. E lo scenario è reso ancora più particolare dal Monte Monaco, un bellissimo bestione che si impone alla vista e sembra che vigili sulla spiaggia. Siamo tutti stupefatti, avevamo visto delle foto su internet, ma vi assicuro che vederla con i vostri occhi dal vivo è tutta un’altra cosa! Del resto, cosa potevamo aspettarci da un luogo “infilato” tra due riserve naturali?!?! E allora via, i bambini si mettono a giocare con la sabbia e noi adulti ci rilassiamo tra una chiacchiera e l’altra. Poi facciamo il bagno in quest’acqua che non riesco a descrivervi… altro che limpida, di più!!! I miei figli si mettono a tirarci la sabbia addosso, seguiti dagli altri bambini ovviamente, ed è una viavai tra telo mare e acqua per pulirci e riprenderli… e così passiamo la nostra mattinata sulla spiaggia di San Vito fino a ora di pranzo.


Non farti mancare il cous cous quando vai a San Vito lo Capo, qualcuno potrebbe rimanerci male

 

 

Si dice che visitare San Vito lo Capo e non mangiare il piatto tipico per eccellenza, ovvero il cous cous, porti male: non vorrete mica che vi succeda qualcosa?! E allora datevi da fare e cercate di assaggiarlo, se proprio non venite durante il Cous Cous fest. In quel caso, avete solo l’imbarazzo della scelta perché sarà lui a cercare voi! L’antica ricetta africana vuole che il piatto sia a base di montone, la rivisitazione siciliana lo sostituisce con il pesce.

Cala bue marino, spiaggia siciliana più bella fra le belle

 

 

In Italia affermare che una spiaggia è più belle delle altre è veramente una mozza azzardata: esistono chilometri e chilometri di coste incantate, paradisi terrestri scelti da milioni di persone in vacanza. Eppure, per Legambiente, la spiaggia più bella d’Italia del 2015 è stata Cala bue marino, un’insenatura sconosciuta ai più poco fuori San Vito lo Capo, piccola ma agevole per chi come me “tiene famiglia”.
Incastonata tra grandi roccioni, la spiaggia è fatta di ciottoli. L’acqua è uno specchio e si può raggiungere facilmente. È qui che trascorriamo buona parte del pomeriggio. Indimenticabile.

Un bagno al tramonto in pieno relax a "Isulidda"

ISULIDDA, vi dice niente il nome? Scommetto che alla maggior parte di voi è sconosciuto. È un lembo di spiaggia situato tra la costa di Macari (altro luogo stupendo) e San Vito Lo Capo, sempre in quest’angolo di meraviglie della Sicilia. È un tratto di spiaggia quasi isolato, una piccola chicca che magari la massa di turisti non conosce e dove posso farmi una nuotata in santa pace e scattare qualche foto. Voglio andare a vedere Isulidda a tutti i costi, ma i miei compagni di viaggio sono troppo stanchi per venire con me. Sapete che faccio? Li lascio in albergo ed esco solo, per i fatti miei, MIZZICA OGNI TANTO CI VUOLE!
Che spettacolo picciotti, a Isulidda non c’è sabbia. Solo ciottoli e scogli. Non è molto agevole, motivo per il quale viene snobbato dalle famiglie. Inutile dirvi com’è l’acqua qui… È una zona quasi sempre esposta alle correnti, quindi fate attenzione, ma se cercate un piccolo rifugio lontano dagli schiamazzi delle spiagge di San Vito è l’ideale! Sto a Isulidda per circa un’ora, quando torno in albergo li trovo tutti svegli e pimpanti, hanno riposato e sono pronti per andare a vedere la tonnara. Ovviamente gli dico cosa si sono persi e iniziano a sfottermi, dicono che tanto qui il mare è bello ovunque. Vabbè, lasciamo perdere…

“Giro di boa” alla tonnara del secco a San Vito Lo Capo

Continua meravigliosamente la nostra vacanza nella provincia di Trapani! Adesso ci spostiamo stavolta verso est, è lì che si trova la tonnara del Secco. Arriviamo dopo pochi minuti e ci avviciniamo ai resti dell’edificio.
L’atmosfera è molto suggestiva ed è bello vedere un luogo non “contagiato” dal turismo di massa: niente ombrelloni, lettini, bar e chioschi di gelati; solo tonnara e natura. E poi vedere gli oggetti protagonisti dell’antica mattanza, le barchette dei pescatori, gli attrezzi. Non è consigliabile fare il bagno nel mare davanti alla tonnara perché il fondale è a strapiombo e potreste rimanerci secchi, ZAC! Ah, questa tonnara è particolarmente famosa perché proprio qui sono state girate alcune scene dell’episodio “Giro di boa” della fortunatissima serie “Il commissario Montalbano”, basata sui romanzi dello scrittore Andrea Camilleri. L’unica nota dolente, come spesso avviene in Italia, è il degrado in cui viene lasciato questo pezzo di storia della Sicilia: bisogna stare attenti a dove si mette i piedi per via del pavimento irregolare e delle pietre che ogni tanto si incontrano.

A San Vito lo Capo nel santuario del martire più amato dai trapanesi

 Finita la visita alla tonnara, torniamo in centro. Passeggiamo un po’ tra i vicoli di questo paese così piccolo e bianco, sì perché i colori del mare (bianco della sabbia e azzurro dell’acqua) San Vito Lo Capo li trasporta anche nelle abitazioni. Si respira un’aria serena, le giornate sono molto lunghe e i ritmi dilatati. Mentre passeggiamo, notiamo il Santuario di San Vito davanti alla piazza principale ed entriamo per una breve visita, così ne ammiriamo l’interno, la piccola cripta del Santo e il museo in cui sono custoditi oggetti sacri e dedicati al culto di San Vito, molto sentito in tutto il trapanese.
Il Santuario di San Vito Lo Capo, dedicato all’omonimo santo, è collocato nella parte centrale del paese. Si narra che il nucleo originale della chiesa sia sorto a partire dal 1450 circa, per poi espandersi fino alle dimensioni di oggi. Attualmente, la chiesa di san Vito conserva dell’assetto originale solo l’abside, che coincide con l’odierna cappella di San Vito.

A cena a San Vito lo Capo ho mangiato un cuore (di tonno)

Si è fatta ora di cena: ci dirigiamo al ristorante, dove ci aspetta una nuova “tonno experience”, stavolta con il “cuore” del nostro itinerario nella provincia di Trapani. Che vacanza da urlo, picciotti! Altro che cuore di panna… qui c’è spazio solo per stomaci temprati. Avete mai mangiato il cuore di tonno salato?  Dopo averlo assaggiato mi sono chiesto come ho fatto a vivere tutti questi anni senza conoscere l’esistenza di questo piatto… Che spettacolo picciotti, un tripudio di sapori: aspro, dolce, salato, sa di pesce ma anche un po’ di carne. Se non temete le sfide gastronomiche più ardue ve lo consiglio a mezza parola!

A spasso tra i vicoli romantici di San Vito lo Capo

Terminata anche la cena, torniamo in piazza per una passeggiata digestiva tra le vie di San Vito lo Capo e rimaniamo a parlare fino a tardi, mentre i bambini giocano sulla piazza. È incredibile la bellezza della vita in questi piccoli borghi di mare: vorrei rimanere a San Vito Lo Capo tutta la vita!!! E quasi quasi inizio a farci un pensierino, l’aria che mi ispira questo paese è molto romantica… quasi quasi mollo tutto e vengo a fare il pescatore. MAGARIIIIII!!!! Come non detto, mentre il mio cervello elabora questi pensieri stupendi, mia moglie inizia a lamentarsi perché vuole tornare in albergo. Addio vita da pescatore, devo campare la mia famiglia! E si ritorna in albergo, anche domani mare e natura.

GIORNO 4

Baia Santa Margherita, la spiaggia in cui la comodità è di casa

 

 

Siamo già arrivati al quarto giorno di questa vacanza spettacolare Sicilian Style e iniziano a venirmi gli attacchi di panico: tra due giorni il nostro itinerario finisce! Calma, respira, rimangono ancora tre giorni pieni di vacanza in provincia di Trapani e devo godermeli in pieno, non mi devo perdere nulla di quest’itinerario. Perciò mi alzo di buon mattino e sveglio mia moglie, le dico che esco a comprare l’occorrente per i panini e che quando torno voglio tutti pronti. Esco a piedi e vado in un supermercato vicino l’albergo e poi in un panificio. Torno in albergo e nessuno ancora è pronto! Faccio pressing ai miei amici per far sbrigare mogli e figli e finalmente si va.
Direzione: baia Santa Margherita, affascinante spiaggia situata tra San Vito Lo Capo e la riserva di Monte Cofano, nel territorio di Macari. Anche questa località è vicinissima a San Vito, si impiegano circa 15 minuti per raggiungerla seguendo la strada che costeggia il golfo da San Vito a Monte Cofano. Solito rituale: arrivo, scarico merci e famiglia, stradina battuta fino alla spiaggia e osservazione del panorama: devo essere ripetitivo? Volete sapere per forza com’è? SPLENDIDO, SPETTACOLARE, INCANTEVOLE, UN SOGNO, UN PARADISO TERRESTRE, rendo l’idea?
Da aggiungere: qui il tratto di sabbia è abbastanza generoso, potete piantare gli ombrelloni, quindi lo consiglio vivamente alle famiglie.
Passiamo un’altra bella mattinata al mare sempre tra chiacchiere, giochi con i bimbi, protezione solare a palla (il sole in queste zone non scherza) tuffi e schiamazzi vari. Verso le 13.30 usciamo l’armamentario da pranzo e ci scialiamo con i prodotti del luogo: salumi, formaggi e alici. E così trascorre un altro pranzo fantastico in questa terra da sogno.

La riserva naturale di Monte Cofano, nella curva dell’amore eterno

Rimaniamo in spiaggia fino alle 16.00 circa; poi ci spostiamo verso Tono, parcheggiamo le auto a circa 1 km dall’ingresso della Riserva Naturale di Monte Cofano, l’ennesimo angolo meraviglioso della Sicilia occidentale.
La Riserva Naturale di Monte Cofano è una delle aree protetta della Sicilia. Monte Cofano è un promontorio calcareo che presenta un’altezza di 659 metri situato sulla costa della provincia di Trapani, all’estremità est del golfo di Bonagia, tra i comuni di Custonaci e San Vito Lo Capo. All’interno della riserva sono presenti numerose grotte, una piccola area umida stagionale e una forra torrentizia. Numerosi, poi gli esempi di flora e fauna rintracciabili all’interno della riserva.
Percorriamo il sentiero tracciato in parallelo alla costa e che arriva fino ad arrivare di fronte allo scoglio Scialandro. C’è anche un altro sentiero più difficoltoso per arrivare fino in cima al Monte, ma per stavolta quello lo evitiamo, non è il caso di percorrerlo con i bambini al seguito. E poi vi posso assicurare che percorrendo il sentiero più facile vi rifarete comunque gli occhi: ci sono tante piccole calette da ammirare (i più temerari scendono a farsi il bagno), si passa davanti alla torre della Tonnara di Cofano, interessante perché è l’unico esemplare in Sicilia con una pianta a forma stellare e quadrata, e si arriva fino ai resti dell’antica tonnara di Tono (UN’ALTRAAAA!!!).
DIN DON, momento curiosità: all’interno della Riserva Naturale di Monte Cofano, vicino alle calette di Tono, si incontra a un certo punto una curva stretta a strapiombo sul mare. Tale curva è chiamata “U passu da zita”. Secondo un’antica leggenda, in questo punto vi fu una frana proprio mentre una coppia di fidanzati passava di lì. I due ragazzi, che erano diretti a Erice per sposarsi, rimasero investiti dal crollo e sprofondarono insieme negli abissi del mare.
Si racconta che ancora oggi, durante le notti di temporale, chi si trova in quel punto sente il pianto della sposa. Alcuni pescatori raccontano di aver visto addirittura anche una stoffa bianca galleggiare sulle acque del tratto di mare corrispondente al “passu da zita”.
Mmm… inquietante direte… Vabè, fatta qualche foto in questo angolo di Sicilia estrema, si torna indietro: ripercorriamo il sentiero, andiamo a riprendere le auto e torniamo a San Vito Lo Capo, per la nostra ultima sera in paese.

Cena a San Vito Lo Capo con la pasta tipica: tagliolini per tutti!

Dopo la solita tappa in albergo per docce e riposini, usciamo verso le 21 e andiamo a mangiare i tagliolini di San Vito, dell’ottima pasta fresca fatta in casa condita con varie salse per tutti i gusti: pomodoro fresco, pesto, ragù di carne e ragù di tonno (manco a dirlo). Rimaniamo a passeggiare un’ultima volta lungo le viuzze della bella San Vito, entriamo nei negozietti per qualche souvenir e torniamo in albergo.
Buonanotte picciotti!

GIORNO 5

Gli uffizi siciliani: Scurati e la grotta Mangiapane

 

 

Lasciamo San Vito Lo Capo quasi col magone. Ci mancherà e ci mancheranno i sanvitesi, gente dal cuore buono. Prima di arrivare a Trapani faremo due fermate: la prima per visitare la grotta Mangiapane e la seconda alla tonnara di Bonagia.
La grotta Mangiapane si trova all’interno del complesso delle grotte di Scurati, in località Custonaci. Fanno parte del complesso di Scurati le grotte Mangiapane, Buffa, del Crocifisso, Rumena, Miceli, Cufuni, della clava, Maria Santissima, e Abisso del Purgatorio. Quella di Mangiapane è la più grande, alta circa 70 metri e profonda 50. È famosa soprattutto per la rappresentazione del presepe vivente che si svolge ogni anno al suo interno.
Nel complesso di Scurati sono stati ritrovati numerosi resti risalenti al Paleolitico superiore, tanto da ipotizzare che al suo interno vi fosse già un villaggio in epoca preistorica.
Che meraviglia, la grotta Mangiapane è favolosa! Non per niente la chiamano “gli Uffizi siciliani”. Al proprio interno è stato ritrovato un villaggio costruito dalla famiglia Mangiapane che nel 1819 venne ad abitare proprio qui, all’interno della grotta! Il paesaggio è molto aspro, tutte queste grotte non fanno altro che far capire quanto l’uomo temesse il mare, fino a costruire interi villaggi all’interno di una grotta. Ci sono botteghe, stalle, utensili, ormai è un museo a cielo (quasi) aperto. Si fa un tuffo nel passato . Non perdetevela!

Bonagia: altro giro, altra tonnara in provincia di Trapani

Di nuovo sulla strada per Trapani, capoluogo di questa bella provincia siciliana. Ci aspetta l’hotel prenotato e da lì ci muoveremo per Erice. Ma poteva sfuggirmi un’altra tonnara sulla strada dei tonni? Assolutamente no, ecco perché stamattina ho chiesto informazioni allo zia Nina, un’anziana che puntualmente ogni mattina esce di casa con la sua sediolina e si siede davanti alla porta di casa, testimone di tutto quello che succede a San Vito Lo Capo, una memoria storica!!
Ecco, proprio la zia Nina mi spiega che per raggiungere la tonnara di Bonagia bisogna fare una piccola deviazione dalla strada che da San Vito Lo Capo porta a Trapani. Quando lo propongo al mio gruppo non è che tutti siano così entusiasti, ma alla fine mi accontentano. Del resto, è una visita abbastanza breve.
Oggi all’interno della torre che fa parte della Tonnara è stato installato un museo che ospita reperti archeologici marini, strumenti di lavoro e una riproduzione in scala di una tonnara e della mattanza. All’esterno, invece, ritroviamo antiche ancore e barche per la tipica pesca dei tonni.
Dopo varie insistenze sul personale riusciamo a visitare il museo della Tonnara, ma solo per un colpo di fortuna. Mi raccomando: PRENOTATE LA VISITA VIA MAIL se siete interessati al museo. Ci fermiamo ancora qualche minuto per gustarci il panorama del golfo di Bonagia e dell’esterno della tonnara. WOOOOW, la vista qui è da mozzare il fiato! Il piccolo golfo davanti alla tonnara regala uno spettacolino mozzafiato, con le barchette ormeggiate e monte Cofano sullo sfondo, per poi ripartire 20 minuti dopo.
Arriviamo a Trapani verso mezzogiorno, sistemiamo al solito i bagagli in albergo e risaliamo in auto. Parcheggiamo nei pressi di via Pola. È li che si trova la stazione di funivia per Erice. Paghiamo i biglietti e via.

Erice, quando la dea Venere venne in Sicilia

Il viaggio in funivia da Trapani a Erice dura circa quindici minuti. Quando scendiamo dalla funivia ed entriamo in paese l’effetto è stupefacente: è un vero e proprio borgo medievale, è fantastico! Qui davvero il tempo sembra essersi fermato… e poi è nettamente diverso da tutti i paesi che abbiamo visitato in questi giorni: Castellammare del Golfo, San Vito Lo Capo, Scopello non c’entrano nulla con Erice.
Erice è un comune della provincia di Trapani che conta 28.356 abitanti. Il centro cittadino sorge sul monte San Giuliano e conta circa 512 abitanti, mentre il resto della popolazione ericina si concentra a casa Santa, abitato ubicato ai piedi del monte, in contiguità con Trapani. Il nome della città deriva da Erix, figlio della dea Afrodite e di Bute, che fu ucciso da Eracle. Secondo lo storico Tucidide, Erice fu fondata dai troiani fuggiti dopo la guerra di Troia, i quali poi, unitisi alla gente del luogo, generarono la popolazione degli Elimi. La città vide, in seguito, il susseguirsi di varie dominazioni: Siracusani, Cartaginesi, Romani, Arabi, Bizantini, Spagnoli.
Fu un importante centro nell’antichità: a Erice, già dall’epoca romana, si celebravano i riti religiosi e dal XVI secolo il venerdì Santo si celebra la processione dei Misteri, modellata secondo lo stile di quella di Trapani, anche se in misura ridotta.
Erice è anche città della scienza: a Erice si trova il Centro di Cultura Scientifica Mediterranea, voluto nel 1963 da Antonio Zichichi e che richiama gli studiosi più autorevoli al mondo di varie discipline come diritto, astronomia, medicina, chimica, ecc.
Qui si respira un’aria molto più frizzante, le costruzioni sono scure e fatte in pietra antica e le stradine sono tutte strette e in salita/discesa (a seconda dei punti di vista) e il paesino è pieno di chiese: le ritrovi praticamente ovunque.

Respirare il Medioevo tra i vicoli di Erice

 

 

Subito dopo pranzo ci muoviamo a piedi per le viuzze di Erice e raggiungiamo Piazza Matrice. Pagato il biglietto, entriamo nel Duomo di Erice.
Il Duomo dell’Assunta (o Matrice o Chiesa Madre) fu fondato da re Federico II d’Aragona nel 1314 per scopi difensivi, come testimoniano le forme imponenti e massicce che la costituiscono. Gli esterni sono stati modificati numerose volte; dell’antica conformazione rimangono infatti solamente i due portali. L’interno della chiesa presenta uno stile neogotico ottocentesco, è costituito da tre navate e pilastri sorretti da volte a crociera. Vi sono poi molte cappelle collocate ai lati esterni delle navate laterali. Vi consiglio assolutamente di visitarlo, è molto bello e completa alla perfezione la cornice medievale ericina, un paesino imperdibile! Dopo aver visitato il Duomo, saliamo sulla torre di Federico II che si trova proprio accanto alla chiesa. Che spettacolo, la vista da quassù è INCREDIBILE! Si vede Erice, Trapani, il mare, Monte Cofano. I bambini rimangono estasiati.

Il Castello di Venere a Erice

Ci avventuriamo di nuovo tra le vie del centro di Erice e raggiungiamo il castello di Venere. Il castello di Venere fu costruito dai Normanni nel XII secolo sopra i resti di un antico santuario dedicato al culto della dea omonima. L’antico santuario non era un luogo di facile accesso poiché posto in cima a un picco roccioso separato dalla montagna da un profondo crepaccio. È ancora visibile un pozzo cilindrico molto profondo, chiamato fossa di Venere. Si pensa fosse una favisa, ovvero una cavità all’interno della quale venivano riposti i resti dei sacrifici in onore della dea. Il castello presentava originariamente delle mura alte e possenti e delle alte torri, dette Torri del Balio, oggi parzialmente visibili.
Fremiamo per visitarlo perché è il luogo che ci affascina di più. Devo dire che visto dall’esterno il castello è bellissimo, all’interno mi aspettavo di più, ma complessivamente ne vale la pena. Anche da qui ci sono dei punti di osservazione del panorama che offrono scorci molto suggestivi, con Monte Cofano che spicca sempre sulla scena, le isole Egadi (andrò anche lì, prima o poi) fino a capo San Vito.

Degustare le genovesi ericine lì dove mamma Maria Grammatico le ha fatte

Quando dici Erice e degustazioni dici genovese! È qui, infatti che Maria Grammatico inventò questo dolce siciliano così squisito, dopo aver trascorso la propria infanzia in convento perché orfana. Le suore, si sa, in Sicilia si dilettano nel preparare mille varietà di dolci e dolcetti e la piccola Maria ebbe modo di imparare i loro segreti e di inventarsi le genovesi ericine, adesso conosciute in tutto il mondo.
P.s. accompagnate le genovesi ericine con un bicchiere di buon Amaro Monte Erice, altro prodotto esclusivo di questo magnifico paese.

Ancora storia e meraviglie a Erice

Dopo la visita al castello e la pausa ristoratrice, rientriamo nella parte centrale di Erice. Ci muoviamo verso il Museo Civico “Antonio Cordici”. Il Museo comunale “Antonio Cordici” nacque 1876 con lo scopo di conservare reperti archeologici appartenenti alle collezioni Hernandez, monete inizialmente della collezione Cordici e successivamente in possesso della famiglia Coppola e opere d’arte provenienti da chiese e monasteri. Nel Museo di Erice sono raccolte testimonianze della storia della città nel corso dei secoli. I reperti più importanti contenuti all’interno del Museo sono sicuramente la testina di Venere, l’Annunciazione di Antonello Gagini e la Madonna dei sette dolori (di origine fiamminga).
Visita molto interessante anche questa e infatti il tempo vola. È un vero peccato, ci piacerebbe vedere tutto di Erice ma non si può per una visita veramente approfondita del paese non basterebbe una giornata intera.

La Torretta Pepoli a Erice

 

 

Siccome sono già le 18.50 ci tocca scegliere un ultimo monumento da visitare a Erice. Optiamo per la torretta Pepoli.
La torretta Pepoli fu fatta costruire dal conte Agostino Pepoli intorno al 1870. Il conte desiderava un luogo silenzioso in cui meditare e da utilizzare anche per incontri con uomini di cultura del tempo come l’archeologo Antonino Salinas, il musicologo Alberto Favara e tanti altri personaggi di spicco. Fece allora costruire la struttura che oggi, dopo esser stata restaurata, è diventata Osservatorio Permanente di Pace e Faro del Mediterraneo.
Terminata la visita alla torretta Pepoli, salutiamo e ringraziamo di cuore la nostra guida e torniamo indietro a prendere la funivia che ci riporta a Trapani. Una volta a Trapani, riprendiamo le auto e torniamo in albergo per rinfrescarci un po’ e uscire per la cena.

Trapani, la città siciliana bagnata da due mari

Ed eccoci a camminare per le vie di Trapani, città siciliana del mare e della pesca per eccellenza, apoteosi del tonno (che qui viene ancora pescato). Ci vuole una cena che esalti al cento per cento i sapori del mare. Voglio mangiare pesce e dire: “MIIII, E CHE L’HANNO PESCATO ORA?!”
Trapani è un capoluogo di provincia siciliano di 80.293 abitanti, famosa per l’estrazione e il commercio di sale e per il suo porto, il quale vanta origini antichissime. Settori economici paralleli a quello del sale sono il commercio e l’esportazione di marmo e il turismo.
Trapani è conosciuta anche come “la città tra due mari”, poiché situata su un lembo di terra bagnato sia dal Mediterraneo che dal Tirreno. Il nome deriva dal greco Drèpanon, in latino Drepanum, che vuole dire “falce”, nome attribuitogli dalla forma che presenta la città. Secondo la mitologia, proprio un a falce cadde dalle mani di Cerere o di Saturno. Saturno, poi, si trasformò in una lingua di terra a forma di falce sulla quale sorse poi la città di Trapani. In realtà, in seguito a ricostruzioni storiche, si pensa siano stati gli Elimi a fondare la città in epoca protostorica. La città ha visto il susseguirsi di diverse dominazioni: a partire dall’influenza che ebbero i Cartaginesi sugli abitanti di Trapani durante le guerre puniche, nel 214 a.C. i Romani conquistarono la città. Seguirono periodi di sottomissione ai Vandali, ai Bizantini, agli Arabi, ai Normanni, agli Angioini, agli Aragonesi e ai Borboni.
Durante il Novecento la città ha subito l’avvicendarsi di catastrofi che l’hanno duramente messa alla prova. Prima di tutto, durante la seconda guerra mondiale, Trapani fu un porto e base sommergibilistica di primaria importanza, ma fu anche bombardata dai francesi il 22 giugno 1940, dalla RAF il 10 novembre 1941 e il 31 maggio 1942, e subì 27 bombardamenti degli angloamericani da gennaio a luglio 1943 (l’intero quartiere di San Pietro venne distrutto).
Successivamente, il terremoto della valle del Belice provocò conseguenze anche sulla città. Poi due alluvioni (1965 e 1976) provocarono altri morti.
A partire dagli anni Novanta, la città iniziò a risollevarsi lentamente, puntando maggiormente sul turismo e sulle bellezze naturalistiche e monumentali che l’intera provincia è in grado di offrire.

A cena con il meglio della gastronomia trapanese, ecco cosa mangiare

I bambini non sono tanto entusiasti della cosa, volevano andare in un fast food… ma per il fast food c’è sempre tempo, invece quando ci ricapita di mangiare pasta con sarde e finocchietto, cous cous con pesce freschissimo, pesto alla trapanese, tonno cucinato in mille modi uno più buono dell’altro, pesce spada, gamberi… nooooo, ma quale hamburger e patatine, stasera PESCE!
Usciamo dal ristorante rotolando. Mamma mia che cena!!! Ne approfittiamo per fare un giro per le vie del centro e conoscere un po’ meglio la città. Passeggiamo su Corso Vittorio Emanuele ascoltando un po’ di musica da piano bar, ma la stanchezza ci vince e allora via, torniamo in albergo a dormire.

GIORNO 6

Le Saline di Trapani e Paceco, un’oasi di pace fatta di natura, sale e mulini

Ci svegliamo un po’ tardi, i cinque giorni di vacanza siciliana si fanno sentire… facciamo colazione con comodo in albergo e usciamo per l’ultima giornata di questo magnifico tour (e non perché l’ho programmato io, ma perché questa zona della Sicilia è veramente spettacolare).Ci mettiamo in macchina e andiamo a visitare la Riserva Naturale Orientata Saline di Trapani e Paceco, dove ho prenotato la visita guidata qualche settimana fa.

La Riserva Naturale Orientata Saline di Trapani e Paceco è stata istituita nel 1995 e si estende nel territorio compreso tra Trapani e Paceco. All’interno della riserva si pratica l’estrazione del sale, ma sono presenti anche numerose specie vegetali e animali. Gli habitat più importanti sono:

  • Le lagune costiere;
  • Le steppe salate mediterranee;
  • La vegetazione annua delle linee di deposito marine;
  • I fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici.

È un’esperienza molto interessante, soprattutto per i bambini, felici perché entrano in contatto con una realtà che non conoscevano affatto. E tartassano di domande le povere guide. E poi è sempre bello osservare da vicino la raccolta del sale e siamo pure fortunati perché questa procedura viene fatta da luglio a settembre, vedere i mulini (ormai se ne vedono pochi in giro), vedere questi grandi stagnoni. Sembra di fare un tuffo nel passato, a quando vedere un mulino non faceva così tanta impressione.

Il Museo del sale all’interno della Riserva Naturale Saline di Trapani e Paceco

 

 

Completata la visita alla Riserva, andiamo a visitare il Museo del Sale che si trova proprio a ridosso.
Il Museo del Sale è stato istituito all’interno di un baglio del Seicento nei pressi della Riserva Naturale Orientata Saline di Trapani e Paceco per volere del proprietario, Alberto Culcasi. All’interno di tale baglio avveniva in passato la molitura del sale; infatti, è presente anche un mulino a vento. Il museo testimonia l’antica attività attraverso attrezzi da lavoro e immagini in bianco e nero. Ci sono tutti gli strumenti e attrezzi dell’antico mestiere e tanto fotografie del passato che raccontano come si svolgeva anticamente la salicoltura. È molto consigliato a chi ha voglia di saperne un po’ di più su questa pratica che ha origini molto antiche. Ma si sta facendo ora di pranzo e iniziamo a perdere l’attenzione, sia i grandi che i piccoli. Terminiamo entusiasti la visita di questa splendida riserva naturale.

Trapani è anche street food selvaggio!

Trapani è un tripudio di sapori: qui l’eccellenza culinaria siciliana non teme rivali. Soprattutto per strada. Non abbiate paura dei fritti e mangiatene a volontà: arancine, panelle, panini con a meusa (milza), fritti di pesce e altro ancora… Avrete solo l’imbarazzo della scelta!
Vuoi leggere l’articolo sullo street food tour a Trapani? Clicca qui [INSERIRE ARTICOLO STREET FOOD TRAPANI]

Tour tra le meraviglie di Trapani: la Madonna siriana

Pranzo finito, ci riavviciniamo verso il centro di Trapani per andare a visitare i monumenti più belli della città, come il complesso dell’Annunziata.
La Basilica-Santuario dell’Annunziata è dedicato alla Beata Vergine Maria del monte Carmelo. È il santuario dedicato alla Madonna più importante della Sicilia occidentale; è stata costruita nel 1300 e ampliata nel Settecento. All’interno si trova la statua in marmo della Madonna di Trapani, una famosa opera attribuita a Nino Pisano. La Madonna di Trapani viene venerata anche a Palermo, Messina e Palagonia. Anche in questo caso ho voluto fare le cose per bene prenotando una guida turistica. Iniziamo dalla Chiesa, bella da visitare, un’oasi di pace nei rumori del traffico della città di Trapani. Ci avviciniamo curiosi alla statua della Madonna che qui è molto importante e molto venerata.
La statua è protagonista di una leggenda: in un manoscritto di padre Martino Fardella si legge che l’immagine era originariamente contenuta in una chiesa siriana di proprietà del cavaliere Templare pisano, certo Guerreggio. Dopo una serie di peripezie, la statua giunse a Trapani (per la storia completa clicca qui).

Nel museo di Trapani e dell’oro rosso che viene dal mare…

Accanto alla chiesa è situato il convento dei padri carmelitani, in cui è ospitato il Museo Interdisciplinare Regionale Agostino Pepoli. Considerato uno dei più importanti musei siciliani, il Museo Interdisciplinare Regionale Agostino Pepoli nasce nei primi del Novecento a opera del conte Agostino Sieri Pepoli, che dona la sua collezione privata, e si trova all’interno del convento dei carmelitani all’interno del complesso dell’Annunziata. Il museo ospita varie opere della scuola napoletana, sculture di Gagini, dipinti di Tiziano, Giacomo Balla, il tesoro della Madonna di Trapani (frutto di numerose donazioni) e poi opere in corallo e sculture presepiali. E’ un luogo particolare perché all’interno si trova un’esposizione di coralli forse non particolarmente valorizzato, ma bellissimo. Che meraviglia, che bellezze! Il museo è diviso in cinque aree: marmi e lapidi, dipinti, arti industriali, scultura rinascimentale, memorie del Risorgimento. Confesso che la parte che ci esalta di più è quella in cui sono contenute le opere di corallo, una cosa impressionante! Ci sono calici, crocifissi e addirittura un intero presepe! Rimaniamo impressionati dalla quantità e dalla bellezza degli oggetti, dei dipinti e delle sculture e siamo contenti di aver speso bene i soldi per biglietto e per la guida. Finisce anche l’ultima visita guidata dell’itinerario; salutiamo e ringraziamo la nostra guida e torniamo in albergo. Ci rinfreschiamo, riposiamo un po’ e poi prepariamo le valigie, in modo da averle pronte per d

A Trapani fai una degustazione con un bicchiere di vino in una mano e un riccio nell’altra

Usciamo a fare un aperitivo in centro sempre a Trapani. Ci offrono dei ricci appena pescati, che delizia e che profumo! L’odore del mare ti resta addosso a Trapani, cosa che mi fa impazzire di gioia perché sono sicuro che quando sarò lontano da questi luoghi me lo ricorderò ancora.

Ma Trapani è anche “Misteri”

 Passeggiando per le vie del centro abbiamo modo di vedere qualcuna delle 100 chiese di Trapani. La religiosità a Trapani è un fattore imponente: i riti della settimana santa trapanese sono tra i più antichi e conosciuti di Sicilia. La processione dei Misteri si svolge da più di 400 anni e vanta origini spagnole.
Ogni anno, alle 14 del venerdì santo, ha inizio la processione che termina allo stesso orario del sabato santo, ben 24 ore di processione!!! La processione parte dalla Chiesa delle anime del purgatorio e percorre le principali vie cittadine e comprende 20 gruppi sacri, ognuno dei quali, attraverso la propria statua, rappresenta una delle scene della passione e morte di Cristo. È un evento molto sentito di trapanesi, soprattutto per il fatto che ogni gruppo rappresenta gli antichi ceti sociali, (orefici, falegnami, tappezzieri, pittori, ecc) detti anche Maestranze. È una processione veramente suggestiva, le statue sono molto belle e interamente costruite in legno e il loro andamento, lento e oscillante, rappresenta in pieno la passione e morte di Cristo. Struggente e imperdibile.

Lasciare Trapani con un cabucio in bocca

 A cena a Trapani (l’ultima della vacanza), assaggiamo il cabucio, un panino-focaccia preparato con l’impasto per la pizza e condito con olio extravergine d’oliva, pomodoro a fette acciughe e rosmarino. O almeno questa è la ricetta originale; esistono, poi, mille varianti. Imperdibile se si è in giro per il trapanese.
Siamo ormai agli sgoccioli della nostra vacanza in questo splendido angolo di Sicilia. Siamo tutti un po’ tristi perché ‘sti sei giorni sono volati e da domani torneremo alla routine: un mare così splendido l’avevo visto veramente poche volte in vita mia e poi Segesta, il bagno a Isulidda, le tonnare, il pane cunzato di Scopello e tanto altro sono cose per cui vale la pena fare strada e sudori.
Dopo la cena, un’ultima passeggiata veloce per tenerci in testa il più possibile l’atmosfera di Trapani: odori, colori, profumi, rumori, questa città la vedo come se fosse ancora l’antico porto romano, quando era nel suo massimo splendore.

I bambini sono stanchi e anche i grandi non scherzano: torniamo in albergo. Sicilia bedda, ti porto nel mio cuore!